Effetto Nocebo, cos'è e come funziona?

Sicuramente conoscete già l'effetto placebo, ma sapete cos'è l'effetto nocebo?
Effetto Nocebo, cos'è e come funziona?
Leticia Aguilar Iborra

Scritto e verificato la psicóloga Leticia Aguilar Iborra.

Ultimo aggiornamento: 16 aprile, 2021

Sebbene sia più noto l’effetto placebo, anche l’effetto nocebo è legato alla somministrazione dei trattamenti e ai possibili effetti, in questo caso effetti avversi.

L’effetto nocebo è simile all’effetto placebo per una caratteristica: gli effetti negativi della sostanza, del medicinale o qualunque altro tipo di trattamento sono soggettivi. Deriva da una combinazione di meccanismi psicologici e neurologici. Sebbene sia una reazione soggettiva, può lo stesso rappresentare un inconveniente per la ricerca e i risultati clinici.

Nell’effetto nocebo, le convinzioni e le aspettative del soggetto possono influenzare il risultato della terapia.

Definizione dell’effetto nocebo

L'effetto nocebo è comune.
Per non generare l’effetto nocebo è importante che il paziente sia adeguatamente informato sul trattamento.

Il termine nocebo deriva dal latino e potrebbe essere tradotto come “fare del male”. Walter. P. Kennedy osservò per primo questo fenomeno nel 1961 e utilizzò il termine per riferirsi agli effetti negativi ottenuti dopo un trattamento con placebo.

L’effetto nocebo si riferisce alla comparsa di effetti avversi dopo la somministrazione di qualsiasi tipo di trattamento. Questi effetti negativi si manifestano in modo soggettivo, essendo la sostanza somministrata innocua per l’organismo.

Si tratta di un fenomeno in grado di ostacolare le ricerche volte allo sviluppo di trattamenti medici, in quanto può alterare i risultati. Pertanto, è estremamente importante sviluppare strategie di inquadramento positivo.

In questo senso, è utile che il paziente sia informato sul trattamento da seguire e sui possibili effetti secondari, al fine di non generare nell’individuo aspettative negative che porteranno all’effetto nocebo.

Questi effetti comprendono per lo più sintomi non gravi; sono inoltre indipendenti dalla dose somministrata e non imputabili al trattamento.

Perché si verifica l’effetto nocebo?

I meccanismi che portano a sviluppare l’effetto nocebo non sono ancora del tutto noti. In alcuni casi, indagare questo tipo di fenomeno può comportare problemi etici e / o legali.

Tuttavia, sono noti alcuni fattori che possono contribuire all’effetto nocebo in misura maggiore o minore. Tra questi, si possono trovare:

Meccanismi psicologici: sono il fenomeno del condizionamento classico. Avviene grazie alla relazione tra contesto con stimoli discriminativi che facilitano una risposta adattativa, in funzione alle aspettative dell’individuo.

Il ricordo di una reazione negativa a un certo tipo di farmaco, l’esperienza indiretta con farmaci simili o l’esperienza di altre persone influenza la risposta dell’effetto nocebo.

Una comunicazione chiara e concisa sugli effetti del trattamento è quindi essenziale per prevenire la comparsa di questo fenomeno.

Fattori di personalità: alcuni tratti possono influenzare lo sviluppo dell’effetto nocebo. Oggi è noto che l’introversione o una tendenza al pessimismo possono influenzarne la comparsa. Lo stesso si può dire di individui con caratteristiche nevrotiche e inclini a preoccuparsi.

I meccanismi neurobiologici sembrano essere innescati dalla risposta ansiosa anticipatoria, a sua volta scatenata da suggestioni negative. L’attivazione dei recettori della colecistochinina (CCK) e l’iperattivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HHA) facilitano la risposta al dolore, producendo iperalgesia.

Fattori contestuali come l’ambiente socio-culturale e il rapporto specialista-paziente è un altro elemento di grande importanza. Informazioni chiare, dove si espongono gli aspetti positivi del trattamento e quelli negativi, possono ridurre il rischio della comparsa dell’effetto nocebo.

Conseguenze cliniche

Le conseguenze cliniche dell’effetto nocebo influenzano i risultati terapeutici e di ricerca, sebbene siano necessari ulteriori studi per conoscerne la causa specifica. Tuttavia, la sua influenza è indubbia nei follow-up terapeutici.

Si è visto, ad esempio, che alcune patologie come il Parkinson, la sclerosi multipla, il dolore neuropatico o l’emicrania sono interessate da questo effetto.

Inoltre, alcuni trattamenti sono maggiormente coinvolti in questo fenomeno. È il caso delle statine associate a dolori muscolari, farmaci antiepilettici associati a sindromi neurologiche o finasteride, associate a disfunzione erettile.

Come prevenire l’effetto nocebo?

L'effetto nocebo può essere prevenuto.
Un corretto rapporto medico-paziente può aiutare a prevenire questo effetto.

Informazioni chiare e concise da parte del medico sono essenziali per ridurre il rischio dell’effetto nocebo: notizie non fuorvianti e allo stesso tempo rassicuranti.

L’inquadramento positivo o framing tende a focalizzare l’attenzione sui benefici del trattamento al fine di prevenire aspettative negative che potrebbero sorgere nel paziente.

Queste comprendono la ricerca del trattamento e dei suoi effetti su Internet, notizie false trovate nei media, l’osservazione degli effetti del trattamento su altre persone, ecc.

In altre parole,  al rapporto con lo specialista e alla sua capacità di informare sul trattamento viene affidato un ruolo fondamentale. Così come la comparsa dell’effetto placebo è correlata all’alleanza tra medico e paziente, anche l’effetto nocebo dipende da questa relazione.

Altre strategie possono essere il consenso informato e la possibilità di parlare chiaramente di questa possibilità al paziente, affinché sia consapevole delle particolarità che possono sorgere durante il trattamento.

Tuttavia, la comparsa di alcuni sintomi è in genere inevitabile. Dovrebbe essere posto l’accento sulla possibilità di affrontare al meglio sintomi lievi e rendere consapevole il paziente che l’intolleranza è un problema che può essere risolto attraverso aggiustamenti nel trattamento.



  • Ferreres,J., Eladi – Baños, J. & Farré M.(2004). Efecto nocebo: la otra cara del placebo. Medicina Clínica, 122 (13), 511-516.


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