Che cos'è un'emergenza ipertensiva?
Un’emergenza ipertensiva si verifica quando i livelli di pressione arteriosa salgono a valori pericolosi per la vita. Secondo l’American Heart Association è caratterizzata da livelli uguali o superiori a 180/120 mmHg. È anche conosciuta come ipertensione maligna ed è correlata a danni parziali o totali a uno o più organi.
Le emergenze, insieme alle urgenze, fanno parte delle crisi ipertensive. L’evidenza indica che, in media, il rischio interessa l’1% delle persone ipertese.
Nonostante la bassa incidenza, alcune fonti la considerano la seconda causa di morte più comune tra i pazienti ipertesi, dopo l’ictus. Vediamo quali sono i sintomi, la diagnosi e come viene trattata.
Sintomi di un’emergenza ipertensiva
Poiché l’ipertensione maligna è sempre accompagnata da danni agli organi, i sintomi variano a seconda del sistema colpito. Il cervello, i reni e il cuore sono i principali bersagli, sebbene anche i danni agli occhi siano molto comuni. Tra i sintomi principali troviamo:
- Mal di testa.
- Visione sfocata.
- Nausea e vomito
- Vertigini e disorientamento.
- Sangue dal naso.
- Dolore al petto.
- Difficoltà a respirare/sensazione di soffocamento.
- Diminuzione della produzione di urina.
- Battito cardiaco irregolare (aritmie).
- Svenimenti e convulsioni.
Questi segni non si sviluppano sempre e alcuni di essi possono essere scambiati per i sintomi di una malattia già presente. Possono anche svilupparsi ansia, intorpidimento di mani e piedi o della pelle e stati mentali alterati.
Spesso il paziente mostra assenza di reattività, in parte legata a disturbi mentali. La presenza di uno o più di questi sintomi non deve essere ignorata, soprattutto se si ha una storia di ipertensione.
Cause dell’emergenza ipertensiva
Sono state identificate molte cause che possono portare a un’emergenza ipertensiva. Molte volte la crisi è provocata da un insiemi di fattori. Tra i principali segnaliamo:
Scarsa aderenza al trattamento antipertensivo
La maggior parte degli episodi di questo tipo si verifica in persone a cui è già stata diagnosticata la pressione alta. In media, il 65% dei pazienti che si presentano al pronto soccorso per ipertensione maligna ha riferito una mancata aderenza al trattamento, secondo alcuni studi.
In altre parole, non seguire il trattamento prescritto è la causa principale della crisi ipertensiva.
Va ricordato che l’ipertensione è una malattia per la quale non esiste cura. I farmaci indicati hanno l’unico scopo di contrastare i sintomi.
Oltre a ciò, prevengono lo sviluppo di effetti collaterali da ipertensione, come danni al cervello, al cuore e ai reni. Se l’aderenza alla terapia è scarsa, la prognosi peggiora e insorgono complicazioni come, appunto, le emergenze ipertensive.
Insufficienza renale
Il ruolo dei reni nel controllo della pressione sanguigna è spesso ignorato. Questi organi producono ormoni necessari a controllare il flusso sanguigno. Quando non funzionano a dovere, gli squilibri pressori nei vasi sanguigni sono all’ordine del giorno.
Ad esempio, è noto che la malattia del parenchima renale e la stenosi dell’arteria renale possono scatenare l’ipertensione maligna. È stato anche dimostrato che nei pazienti con sindrome emolitico uremica atipica primaria (in cui di solito persiste l’insufficienza renale acuta) il suo sviluppo è relativamente comune.
Gravidanza
Gli squilibri pressori sono comuni in gravidanza, come indica la ricerca. Altri studi suggeriscono che lo sviluppo di emergenze ipertensive possa essere dovuto a un processo multisistemico, in cui la preeclampsia gioca un ruolo di primo piano.
La preeclampsia è una condizione che si verifica dopo la 20a settimana di gravidanza ed è caratterizzata da un aumento della pressione arteriosa. È più comune nelle donne sopra i 35 anni o alla loro prima gravidanza. Può portare a disturbi del fegato o dei reni e persino alla morte.
Patologie vascolari
Le malattie vascolari sono quelle che colpiscono direttamente le arterie o le vene. Le dissezioni aortiche sono state associate all’ipertensione maligna. È inoltre provato che la trombosi dell’aorta toracica possa esserne la causa.
Sono stati identificati come possibili fattori scatenanti anche alcune malattie che generano squilibri vascolari come la sclerosi sistemica.
Altre malattie che possono causare alti stadi cronici di ipertensione sono i tumori della ghiandola surrenale e l’infarto del miocardio.
Sebbene sia improbabile che da soli generino una crisi ipertensiva, i seguenti fattori di rischio possono unirsi agli altri nel suo sviluppo:
- Uso indiscriminato di droghe ricreative.
- Consumo eccessivo di alcol e tabacco.
- Sovrappeso o obesità.
- Superare la dose raccomandata di alcuni farmaci (o assumerli senza controllo medico).
- Dieta disordinata, con eccessivi grassi, cibi lavorati e sale.
A volte non è possibile determinare la vera causa. In ogni caso, quando il paziente si reca al pronto soccorso, si procede alla diagnosi e poi si trattano le sequele generate dall’innalzamento della pressione arteriosa.
Diagnosi
Come abbiamo indicato all’inizio, un’emergenza ipertensiva viene diagnosticata quando la pressione arteriosa è uguale o superiore a 180/120 mmHg e vi è evidenza di danno agli organi bersaglio. Quest’ultimo particolare è importante, poiché se manca, è un’urgenza ipertensiva, altro tipo di crisi legata all’aumento della pressione esercitata sulle arterie.
Il protocollo che seguirà il pronto soccorso, quindi, sarà il seguente:
- Escludere che si tratta di un’urgenza ipertensiva o di un altro tipo di condizione.
- Valutare l’eziologia analizzando anche l’anamnesi del paziente.
- Determinare il danno collaterale generato dall’ipertensione maligna.
Passaggi nel processo diagnostico
- Anamnesi: è il termine medico utilizzato per indicare l’analisi della storia clinica del paziente. Il medico la utilizzerà per ricercare possibili elementi dell’evoluzione della crisi. Valuterà anche se la persona appartenga a una categoria a rischio modificabile (peso, dieta, stile di vita) e le sue abitudini prima della crisi.
- Esame obiettivo: con l’aiuto di un misuratore di pressione arteriosa, verranno determinati i valori pressori. La misurazione verrà eseguita più volte, con intervalli di 1 – 5 minuti, per ottenere un risultato obiettivo.
- Esami diagnostici per immagini: permettono di scoprire danni agli organi. Le scansioni TC e l’elettrocardiogramma sono le opzioni più comuni.
- Esami delle urine e del sangue: per completare gli esami precedenti, lo specialista prescriverà entrambi gli esami. In linea di principio, cercherà prove di danni al fegato o ai reni, nonché altri valori che potrebbero allertare di danni collaterali.
La maggior parte dei pazienti diagnosticati viene ricoverata nell’unità di terapia intensiva per essere sottoposti a trattamento e migliorare la prognosi.
Trattamento dell’emergenza ipertensiva
Il primo passo è abbassare i valori pressori portandoli a un intervallo sicuro per il corpo. Il secondo sarà contrastare eventuali danni subiti dagli organi.
In quest’ultimo caso il trattamento è soggetto a variazioni, poiché dipende da quale area è stata colpita e in quale misura. Ciò sarà determinato in modo più preciso una volta ricevuti gli esami di laboratorio e di imaging.
Alcuni casi pratici
Un modello di trattamento che tiene conto del danno e basato sull’evidenza può essere:
- Ipertensione maligna con dissezione aortica: l’opzione migliore è l’esmololo endovenoso, con una dose compresa tra 500-1000 mcg / kg. In caso di resistenza al farmaco, può essere integrato con nitroglicerina o nitroprussiato per via endovenosa.
- Emergenza ipertensiva con edema polmonare acuto: vengono utilizzati nitroglicerina per via endovenosa, nitroprussiato o clevidipina. La somministrazione di beta-bloccanti è controindicata.
- Pazienti con infarto miocardico acuto e ipertensione maligna: in questo caso, l’esmololo per via endovenosa è la prima opzione. Se necessario, può essere utilizzata anche nitroglicerina per via endovenosa.
- Emergenza ipertensiva con insufficienza renale: è indicato l’uso di nicardipina, fenoldopam e clevidipina.
La scelta varia a seconda della condizione ed è sempre personalizzata. Anche la dose e la velocità con cui si scenderà alla pressione normale cambia a seconda dei casi. È di grande importanza che vengano evitate discese molto rapide, poiché anche queste sono legate a complicazioni secondarie.
Ad esempio, è noto che possono causare ipoperfusione cerebrale, miocardica e renale. In generale, si consiglia di effettuare una riduzione di circa il 15% del valore presentato in un intervallo di 30-60 minuti. Nei casi più gravi, il tempo può essere ridotto a 5-10 minuti.
Non è raro che siano necessari diversi giorni o settimane prima che i valori tornino alla normalità. Il paziente deve rimanere sotto stretto controllo medico e seguire in modo scrupoloso il trattamento per recuperare parzialmente o completamente la funzione degli organi colpiti.
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